A grande richiesta del pubblico due repliche straordinarie
il 7 e 8 settembre 2024
Isola di Gorgona
Progetto Il Teatro del Mare della Compagnia Teatro popolare d’arte
In collaborazione con la Casa di reclusione di Gorgona e con il sostegno della Regione Toscana
Lo spettacolo Una Tempesta è frutto di un laboratorio teatrale e musicale che la compagnia Teatro popolare d’arte ha condotto la scorsa stagione con i detenuti, per dare loro un’esperienza fondata sulla comunicazione sociale attraverso i linguaggi della scena.
Con la regia di Gianfranco Pedullà e le musiche di Francesco Giorgi e il contributo attoriale di Chiara Migliorini, Anita Donzellotti, si presenta l’allestimento scenico, dedicato alla Tempesta, ultima grande opera di Shakespeare, ambientata su un’isola e, inevitabilmente, ultimo episodio della Trilogia Il Teatro del Mare.
La Tempesta racconta la vicenda dell’esiliato Prospero, il vero duca di Milano, che trama per riportare sua figlia Miranda al posto che le spetta, utilizzando illusioni e manipolazioni magiche. Mentre suo fratello Antonio e il suo complice, il re di Napoli Alonso, stanno navigando sul mare di ritorno da Tunisi, il mago invoca una tempesta che rovescia gli incolumi passeggeri sull’isola.
Qui Prospero opera (con le sue arti magiche) una messa in scena che fa convergere tutti i suoi avversari nella dimora del suo naufragio seguito alla cacciata da Milano. Qui ristabilisce una giustizia umana, riparatrice, senza vendetta.
L’isola è il teatro nel quale si ricrea una vita nuova fondata sulla riconciliazione con il proprio passato. L’isola è il regno dei suoni e della musica, della parola riabilitata nella forma e nei contenuti. L’isola è tragica e comica, come tutti noi, che ci sforziamo di scomporre e ricomporre le tempeste che la vita ci obbliga ad attraversare. L’isola è un grande teatro
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di Alfredo Gambardella
Le colonie penali nell’arcipelago toscano tra l’Ottocento e il Novecento Edizioni Ibiskos Ulivieri Empoli, 2009
Senza indulgere nel quadrtto oleografico e idilliaco e senza nascondere le tante difficoltà, Gorgona ci viene presentata come la possibilità di un’isola a misura di trattamento umano e autenticamente riabilitativo; una realtà vivibile e gestibile, con un margine di soddisfazione, anche dal personale che vi lavora e che condivide con la popolazione detenuta la dimensione della lontananza dalla terraferma e della deprivazione.
Ben diverse, come sappiamo, sono state le vicende e le sorti di Pianosa, sede durante le emergenze legate al terrorismo e alla criminalità mafiosa di una diramazione di massima sicurezza, la diramazione Agrippa.
La casa di reclusione venne parzialmente chiusa alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, anche a seguito di accordi e intese fra il Ministero della Giustizia e regione Toscana, sempre interessata a recuperare i territori dell’Arcipelago.
La sezione Agrippa venne riattivata nell’estate del 1992, dopo i tragici attentati ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quando venne creato un circuito di massima sicurezza, ai sensi dell’articolo 41 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, che prevede un regime particolare per gli appartenenti alla criminalità organizzata
Santoriello in “L’isola di Pianosa e la nascita delle colonie agricole penali nell’Italia liberale” (1860-1889),
La colonia penale, pertanto, persegue finalità rieducative e socializzanti, almeno nel progetto dei riformatori della prima metà dell’Ottocento in particolare nel Granducato di Toscana, e ha lo scopo di trovare soluzioni alternative a condizioni sempre più critiche dei detenuti per problemi di sovraffollamento e di strutture edilizie inadeguate. “
Secondo Guido Neppi Modona, tuttavia, tali finalità sono state proclamate ma mai raggiunte, basti pensare
“alle condizioni di vita cui erano costretti i condannati e, con loro, le guardie carcerarie: nelle colonie, collocate appunto in terreni incolti e malarici […] la malaria e le disastrose condizioni igieniche mietevano vittime in altissima percentuale, con picchi di mortalità dall’8 al 10% e di infermità dal 30 al 40%, secondo quanto dichiarato dallo stesso direttore generale delle carceri Beltrani Scalia in una relazione del 1891”
https://www.adir.unifi.it/rivista/2006/gambardella/cap1.htm#9
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da:
Volpini, un professore di un istituto tecnico, in una lettera ad un suo collega di un liceo (cav. Ottaviano Targioni Tozzetti) avendo visitato l’isola, nel descrivere le attività produttive presenti all’interno della colonia nel 1875 scrive
A Gorgona vi è una concia di pelli, la quale basta per il consumo dei 310 detenuti e presto aprirà una via anche all’esportazione; si fabbrica il sapone, che supplisce ai non piccoli bisogni della Colonia; quivi si fabbricano cappelli di paglia ed anche di lana tosata da un gregge che pascola sopra quei colli; e cappelli pure di pelo di coniglio, che vive e si riproduce in abbondanza in una ben intesa conigliera.
Fu utilizzata una pietra atta a far buona calcina, come pure una terra per far mattoni ed altri oggetti laterizi, le quali cose ognun conosce quanto vantaggio arrechino a stabilimenti di questo genere.
Tutto insomma che può abbisognare agli abitanti della Colonia, ivi si fabbrica, si perfeziona ancora, e se ne ritrae utilità e comodo incalcolabile.
La macellazione del bestiame, la pollicultura, l’allevamento dei bovi, delle pecore, delle capre, e degli animali suini rendono la Colonia quasi indipendente da ogni altro luogo per le sue industrie e prodotti, e la fanno, e tanto più la faranno in un prossimo avvenire ricca, bella in tutto e feconda.
https://www.adir.unifi.it/rivista/2006/gambardella/cap1.htm#9